AZIONE DI RIPETIZIONE DELL’INDEBITO – PRESCRIZIONE DECENNALE

AZIONE DI RIPETIZIONE DELL’INDEBITO – PRESCRIZIONE DECENNALE

AZIONE DI RIPETIZIONE DELL’INDEBITO, PRESCRIZIONE DECENNALE

     Nota a CASS. N. 27080/2020

Approfondimento del dr. Marzo Zarra praticante Avvocato Studio Legale Ass.to Avv.ti DIBITONTO

Con la sentenza n. 27080/2020 la Corte  di Cassazione ha previsto il principio della prescrizione decennale  dell’azione di ripetizione dell’indebito. L’azione di ripetizione dell’indebito è disciplinata dall’art.2033 c.c., nel caso in cui sia stato effettuato un pagamento non dovuto, il soggetto che l’ha effettuato ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Il debitore  ha inoltre diritto sia ai frutti che agli interessi  che sono maturati dal giorno del pagamento ad oggi, qualora chi ha ricevuto la somma di denaro era in mala fede o dal giorno della domanda se era in buona fede. Il pagamento è non dovuto se non è previsto dalla legge  o non era stato pattuito prima della conclusione del negozio giuridico tra le parti. Per diritto di ripetere si deve intendere il diritto della parte a riavere la somma di denaro ingiustamente versata  in precedenza. L’azione di ripetizione dell’indebito si prescrive in dieci anni dal momento della conclusione dell’affare tra le parti. La prescrizione decennale è  valida sia per l’opposizione alla cartella esattoriale che per gli infortuni sul lavoro o per le prestazione assistenziali, come sancito da alcune sentenze delle Cassazioni successivamente riportate. Viene fatta eccezione solo per l’anzianità di servizio, perché esso non è uno status del lavoratore ma la dimensione temporale del rapporto di lavoro.

La Cassazione n.15346/2020 ha previsto l’applicazione della prescrizione decennale anche per poter proporre opposizioni a cartelle di pagamento. Come sanzione per non aver proposto l’azione entro dieci anni vi è l’irretrattabilità del credito contributivo ma non la conversione del termine di prescrizione breve.

La Cassazione n.9802/2020 statuisce il diritto decennale del lavoratore ad agire contro il datore di lavoro nel caso di malattie o infortuni sul lavoro. Il termine prescrizionale di dieci anni decorre dal momento in cui il lavoratore viene a conoscenza della malattia o dell’infortunio subito, ossia da quando vi è la concreta conoscibilità del danno.

L’anzianità di servizio del lavoratore, Cass. n.2232/2020, non è uno status, né un distinto bene della vita oggetto di autonomo diritto, è invece la dimensione temporale del rapporto di lavoro da cui sorgono autonomi diritti come l’indennità di fine rapporto o il diritto alla retribuzione, pertanto essa fa eccezione e non può essere oggetto di atti di disposizione, traslativi o abdicativi e per tale motivo è insuscettibile di un’autonoma prescrizione. Il diritto alla progressione economica e alle differenze retributive può essere oggetto di verifica giudiziale senza termine di tempo purchè vi sia interesse ad agire per il ricorrente. Il diritto ad una diversa fascia retributiva ha natura autonoma e si estingue entro il termine quinquennale, ex art. 2948 n.4 cod. civ. ma l’anzianità di servizio può essere sempre fatta valere agendo il lavoratore per chiedere l’attribuzione degli aumenti successivi non prescritti,  in tale modo il datore di lavoro deve riconoscere gli aumenti precedenti anche se prescritti ma  non corrisposti.

La durata della prescrizione, a seconda delle diverse categorie di diritti azionabili in dieci anni o in cinque anni, può essere interrotta in conformità con l’art. 2943 c.c. o dalla notifica dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia esso di cognizione o conservativo o esecutivo o dalla domanda proposta nel corso di un giudizio. Anche ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore o la dichiarazione con clausola compromissoria con cui il debitore estende la propria volontà  di promuovere il procedimento arbitrale ha come effetto l’interruzione della prescrizione.

La prescrizione prodotta in giudizio può essere presuntiva, la stessa può essere o di sei mesi, ex art.2954 c.c., come il diritto degli albergatori o degli osti per l’alloggio e il vitto che si somministrano.  La prescrizione presuntiva è di un anno, ex art.2955 c.c., dei lavoratori per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese, per gli ufficiali giudiziari, per i commercianti per il prezzo delle merci vendute o per i farmacisti per il prezzo dei medicinali. La presunzione presuntiva è di tre anni, ex art.2956 c.c., per le prestazioni lavorative superiori al mese, per i notai o per i professionisti per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative.  La prescrizione è estintiva se il titolare del diritto non lo esercita entro il termine dalla legge stabilito e si ha dunque la decadenza, ex art.2934 c.c..

La prescrizione dell’azione può essere eccepita in giudizio dalla parte, in conformità con la Cassazione n.23606/2020, solo nel caso in cui la stessa abbia espresso la volontà di avvalersi della prescrizione presuntiva o della prescrizione estintiva. La precedente sentenza della Cassazione n.19545 del 26/08/2013, ha statuito che non sono fungibili l’eccezione di prescrizione presuntiva o estintiva e non sono espressioni di un’attività difensiva unitaria. La Cass.lav. n.6120 del 5/12/1985 ha sancito che vi è incompatibilità tra le due tipologie di prescrizioni, poiché mentre la presuntiva si basa sulla semplice presunzione di pagamento, la estintiva richiede l’inerzia del titolare del diritto a presentare l’azione.  Una volta dopo aver presentato la prescrizione estintiva non si può proporre anche la prescrizione presuntiva. La differenza principale tra le due tipologie di prescrizione è stata esaminata dalla Cassazione del 21/02/2005 n.334, se la prescrizione estintiva ha come elementi costitutivi il decorso del tempo e l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio che estinguono il debito e il debitore si può liberare dalla pretesa sia contestando l’esistenza del credito sia ammettendo di non aver adempiuto all’obbligazione. La prescrizione presuntiva invece si fonda su una presunzione “iuris tantum”, ossia mista, si espone colui che la oppone non solo se ammette di non aver estinto l’obbligazione ma anche se contesta la stessa insorgenza.