Il fil rouge del progetto nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa

Il fil rouge del progetto nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa

Con la sentenza n. 27077, pubblicata in data 26.11.2020, la Corte di Cassazione ha ribadito alcuni importanti principi in materia di collaborazione coordinata e continuativa.

In primo luogo, riprendendo un orientamento precedentemente espresso (Cass. n. 17127/2006, ratione temporis applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1 co. 3, lett. f)l. 92/2012), conferma il principio secondo cui il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma o fase di esso, si converte ope legis in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso.

Alla luce della costante giurisprudenza formatasi recentemente sull’argomento, la Corte ha puntualizzato che l’assenza del progetto di cui all’art. 69, co. 1, d.lgs. n. 276/2003ricorra sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia quando il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia.

Nel caso di specie[1], il ricorso non può trovare accoglimento in virtù del consolidato indirizzo secondo cuiil progetto non può consistere in una mera ripetizione dell’oggetto sociale del committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale (v. Cass. n. 8142/2017).

L’ultima argomentazione tratteggiata dalla Corte per il rigetto del ricorso ricalca, inoltre, una recente e analoga posizione della medesima Cass. n. 9471/2019: il regime sanzionatorio previsto dall’art. 69, co. 1, d.lgs. n. 276/2016 (ratione temporis applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1 co. 3, lett. f), l. 92/2012), in caso di assenza di specifico progetto, programma o fase di esso, non contrasta con il principio di “indisponibilità del tipo” posto a tutela del lavoratore subordinato e non invocabile nel caso inverso, né con l’art. 41, co. 1, Cost., in quanto trae origine da una condotta datoriale violativa di prescrizioni di legge ed è coerente con la finalità antielusiva perseguita dal legislatore.

[1] Risulta doveroso evidenziare che, nel caso in esame, opera la definizione legale di contratto a progetto fornita dall’art. 61 d.lgs. 276 del 2003, nel testo originario, poi sostituito dall’art. 1, co. 23, lett. a) L. 92/2012, modificato dall’art. 24 bis, co. 7, d.l. 83/2012, conv. L. n. 134/2012 ed ancora dall’art. 7, co. 2, lett. c) d.l. n. 76/2013, conv. L. n. 99/2013 e infine abrogato dall’art. 52 d.lgs. 81/2015, di attuazione del c.d. Jobs Act.

Nota a sentenza del

dr. Antonio PELLICANO

praticante – avvocato dello Studio Legale Ass.to Avv.ti Dibitonto

dottorando di ricerca in Neuroscience and Education, indirizzo Diritto del Lavoro, presso l’Università degli Studi di Foggia

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Qui il testo della sentenza: